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Collisione galattica

 


<< Anche la più breve contemplazione del Cosmo ci commuove. Un brivido ci percorre la schiena e la voce rimane intrappolata in gola. Siamo coscienti di avvicinarci al più grande dei mestieri >>
(Carl Sagan)




Si che aveva ragione il grande astronomo, padre del progetto SETI, quando faceva queste affermazioni.

Oggi, grazie ai potenti telescopi e radiotelescopi del nostro secolo, è facile puntare il dito è dire: … questa è una stella pulsar; quello è un quasar; quella è una nebulosa; l’altra è una galassia … Già, una Galassia!

E pensare che fino ad un secolo fa non si concepiva nemmeno il concetto di cosa fosse una Galassia.

Fu poi Friedrich Wilhelm Herschel, alla fine del 18° secolo cominciò ad interessarsi degli oggetti del cielo profondo; e mentre si accingeva a compilare i sui cataloghi stellari, fu incuriosito da strani oggetti a forma di girandole con una nebulosità che volle catalogare sotto il nome di Nebulose a Spirale.

Tra queste, anche la Nebulosa di Andromeda, da lui ritenuta la più vicina, visibile anche a occhio nudo.

Finalmente Herschel era riuscito ad osservare la Galassia di Andromeda (Fig.1) già osservata nell’anno 964 dall’astronomo persiano Abd al Rahman al Suf; nota anche come Grande Nebulosa di Andromeda e catalogata com la sigla M 31.

La Galassia di Andromeda è una galassia a spirale di enormi dimensioni e si trova a circa 2,538 milioni di anni luce dalla Terra, vicina alla nostra Galassia, la Via Lattea (Fig.2) ed a causa della vicinanza con la nostra galassia, potrebbe avvenire una collisione galattica tra Andromeda e la Via Lattea; questa è una ipotesi che potrebbe avere luogo tra circa quattro miliardi di anni; ma è improbabile che oggetti celesti di ciascuna galassia possano scontrarsi tra loro, in quanto la distanza tra i singoli oggetti all'interno delle galassie è abbastanza alto.


Infatti proviamo ad immaginare il Sole dalle dimensioni di una moneta, la stella più vicina si troverebbe a quasi 800 km di distanza.

Ebbene, se la teoria è corretta, le stelle e i gas contenuti nella Galassia di Andromeda saranno visibili ad occhio nudo tra circa tre miliardi di anni.

Per cui se la collisione avrà luogo, le due galassie si fonderanno l'una con l'altra, senza collidere con i rispettivi oggetti celesti entro contenuti.

Va detto però che non è dato sapere se la collisione avverrà al certo di entrambe la galassie oppure lateralmente.

Sappiamo soltanto che la velocità radiale della Galassia di Andromeda, rispetto a quella della Via Lattea, può essere misurata esaminando lo spostamento Dopller (il Bluschift) e non può essere misurata direttamente.

Cosi come, si conosce la velocità di Andromeda, pari a circa 120 km/s, ma non si può prevedere se avverrà lo scontro tra le due galassie, oppure avvicineranno senza “farsi male”!

A tale scopo, nel 2013 l’ESA inviò il satellite Gaia, con lo scopo di misurare la posizione delle stelle di Andromeda con sufficiente precisione utile a rilevare la velocità trasversa.

Inoltre permane l’ipotesi che il nostro Sistema Solare verrà espulso per un tempo indefinito dalla nuova galassia; ciò nonostante l’evento non dovrebbe avere effetti negativi sul sistema.

Quindi cambiamenti quali: disturbo al Sole o ai pianeti sono da considerarsi di possibilità remota anche perché in quel momento il Sole si sarà già avviato da tempo verso la fase di Stella Gigante Rossa o, addirittura, si sarà già trasformato in una Nebulosa Planetaria.

E dopo la fusione tra le due galassie, i posteri come chiamerebbero la nuova galassia gigante?

Fondendo i vecchi nominativi (Via Lattea e Andromeda), probabilmente la nuova galassia gigante verrà catalogata con il nome di Lattomeda (in inglese, Milkomeda).

Ma come ci si è accorti che la Galassia di Andromeda si fonderà con la Via Lattea? Ordunque il primo a studiare questo fenomeno astronomico fu Edwin Hubble (Fig.3) nel 1929, quando annunciò che quasi tutte le galassie si allontanarsi da noi.

Infatti, scoprì che l'Universo si sta espandendo, e che tutte le galassie si stanno allontanavano l'una dall'altra.

Il fenomeno si rilevava dallo spostamento verso il rosso (il Redshft) della radiazione emessa da queste galassie.

Il Redshift diventa tanto maggiore quanto più distante è la galassia; cioè le galassie più lontane sono quelle che si allontanano più velocemente da noi.

Viceversa le galassie che si avvicinano a noi si deduce dallo spostamento verso il blu (il Bluschift).

E’ quanto sta avvenendo alla Galassia di Andromeda.

Per capire bene il concetto, pensiamo ad una ambulanza che si avvicina a noi, a sirene spiegate, mentre siamo fermi sul marciapiede.

Quando ancora lontana, la sirena dell’ambulanza emetterà un suono che, man mano si avvicina, cambierà tonalità; di pari avverrà quando si sarà allontanata.

Il fenomeno prende il nome di Effetto Doppler, il quale, in banda ottica, evidenziava l’allontanamento o l’avvicinamento dei corpi celesti attraverso il Redschift o il Bluscheft.

Ma chi era Edwin Hubble?

Questo nome ci salta alla mente quando parliamo del telescopio spaziale Hubble, l’Hubble Space Telescope (Fig.4) a cui la Comunità Scientifica aveva assegnato il nome in sua memoria.


Edwin Powell Hubble nacque il 20 Novembre 1889 a Marshfieldn, nel Missouri (USA).

Astronomo e astrofisico, Hubble è noto principalmente per aver formulato nel 1929 la legge empirica dei Redshift, ovvero lo Spostamenti Verso il Rosso; oggi definita Legge di Hubble.

Ma anche per il famoso telescopio spaziale Hubble Space Telescope (H.S.T.), che dal 24 Aprile 1990 orbita intorno alla Terra a circa 600 Km in orbita terrestre bassa ed è attualmente operativo.

L'H.S.T. è uno dei più versatili strumenti di ricerca spaziale, anche perché svolge attività di ricerca della vita nello spazio.

Tuttavia, sebbene ancora efficiente, l’H.S.T. sarà sostituito dal telescopio spaziale James Webb Space Telescope, J.W.S.T. (Fig.5) che sarà lanciato dallo spazioporto Arianspace di Kourou, nella Guiana Francvese in Marzo 2021.



Con una potenzialità di bel tre volte rispetto all’H.S.T., il JWST effettuerà osservazioni spaziali su varie gamme dello spettro elettromagnetico compresi i raggi infrarossi.

Probabilmente capiremo meglio quel 95% di materia ed energia oscura, di cui è composto l’Universo, non ancora visibili; il perché di molte galassie rimangono unite grazie ad enormi buchi neri collocati nel loro centro; e se tutto ciò che esiste è frutto dell’interazione di poche particelle elementari, o ce dell’altro. Insomma, un Universo a più portata di mano!

Dott. Giovanni Lorusso (IK0ELN)

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